22 Feb Il dolce naufragar…
Il dolce naufragar del pensiero alla ricerca di una vecchia barca da pesca dove la poesia è rimasta nelle sue reti abbandonate a prua.
Quel pensiero che stride e spesso mi abbandona, come queste parole che non trovano sfogo in alcun luogo a me caro, ma soltanto in lettere digitali in un blog sperduto nel web.
Forse in futuro coglierò un nuovo senso alle mie attuali riflessioni.
In questo lungo periodo il pensiero, la parola, la voce si coprono di quel pudore simile alla vergogna nascondendo sempre più ogni slancio di creatività.
Succede, ho scoperto parlandone con altri artisti che accade anche a loro.
Ecco cosa è avvenuto in questo tempo assurdo, i sogni sono volati via, il pensiero non ha più la sua forza propulsiva, rimasto troppo tempo in attesa, come se qualcosa dovesse rigenerarsi, forse per scorrere fluido, di nuovo.
Ora sono solo e perplesso, nel buio più assoluto.
Quel pensiero, che quando scorreva fluido inventava le parole dei miei sogni, libero nel vento, come dico in una mia vecchia canzone dalle strofe scritte di getto, sempre in cerca di una rima che rispecchiasse la mia verità.
Ora le mie parole sono negli sguardi di mia madre che cerca un abbraccio, che spesso non posso darle, che rabbia. Quelle stesse parole un tempo colorate di note e di canto, che all’improvviso mi facevano navigare in un mare calmo e con un buio infinito dove tutto è immaginazione e ascolto e respiro, quel respiro che più volte mi ha salvato.
Ora è come se io non sapessi più pensare da solo.
Scrivo, cancello e riscrivo queste nuove e malinconiche righe perché non ho più voce da troppo tempo, non so più cosa abbia senso e cosa sia giusto fare.
Come in un fermo immagine, durato troppo a lungo, tutto si è cristallizzato. La libertà dei sogni, il pensiero, le parole delle mie canzoni, tutto è fermo su quel “frame” di un film appena iniziato. Pausa. Stop alla musica, all’empatia, agli abbracci, ai segreti svelati, alle nostre solitudini desiderate e piene di respiri ed illusioni. Stop a quelle notti interminabili fatte di musica vera e di palchi dove si respirava l’adrenalina e il groove infuocava la platea.
Se dovessi un giorno ritrovarmi a fare il regista di questo film assurdo, sospeso nel nulla, cambierei diverse scene, all’attore protagonista toglierei tutte quelle paure che lo hanno fatto vivere a metà per troppi anni!
A presto amici miei, chissà se riusciremo di nuovo ad incontrarci senza Gabbie attorno, a riprendere a navigare in un mare senza Porti su quella barca che ho amato tanto, che di nome fa “libertà”.
Volvemos.